Ogni tanto scovo qualche libro interessante che si occupa di marketing e industria musicale e quello di Mariachiara Montebello lo consiglio.
Mariachiara partendo dalla sua tesi di laurea ha raccolto nel suo libro (ne scrivo qui) casi di studio di band, cantanti e musicisti che possono aiutarti a capire come comunicare al meglio la tua musica.
Dell’intervista mi resterà soprattutto una frase:
I fan vogliono questo, vogliono vedere che porti loro i biscotti.
Cosa intende Mariachiara con questa frase?
Agli inizi mi piaceva l’ambito discografico in generale, non per forza legato alla comunicazione. Mi sono chiesta: quale facoltà può aiutarmi a saperne di più?
La scelta è stata frequentare scienze della comunicazione a Urbino.
Mentre frequentavo l’università ho fatto qualche piccola esperienza come speaker nelle radio, scritto di musica in qualche blog e fatto recensioni.
Frequentando un po’ l’ambiente musicale mi sono appassionata sempre di più.
Studiando per la laurea triennale ad Urbino, le mie esperienze erano soprattutto da remoto:
Poi, nell’anno della magistrale, l’università ha pubblicato un bando legato al Fano Jazz Network.
Nel bando cercavano un progetto di comunicazione per gli eventi di punta che ci sarebbero stati l’estate. Ho partecipato e vinto il bando insieme ad un mio collega e così ho vissuto la mia prima esperienza sul campo.
L’esperienza con il Fano Jazz Network è stata bella. Mi ha permesso di partire dall’analisi dei competitor ed impostare una strategia di comunicazione dall’inizio. Nei giorni del festival siamo stati lì giorno e notte. Abbiamo curato tutta la comunicazione con dei buoni risultati anche per aver utilizzato le Instagram Stories che non erano mai state usate per il festival.
L’esperienza al Fano Jazz Network mi ha fatto capire che volevo occuparmi di comunicazione musicale; così mi sono trasferita a Milano dove ho deciso di finire la magistrale.
A giugno 2018 ho iniziato a collaborare con Team World un portale dedicato a musica e cinema (fra l’altro hanno curato la promozione italiana dei One Direction insieme a Sony).
Team World durante il periodo estivo organizza dei summer camp a Canazei con ospiti cantanti, youtuber e influencer.
Durante le settimane del summer camp ci sono attività sportive, lezione di inglese ed altro, ma soprattutto ci sono cantanti, youtuber e influencer di cui i ragazzi sono fan.
Per i ragazzi è bellissimo vivere, anche se per pochi giorni, a contatto quotidiano con i loro cantanti preferiti.
Bellissima atmosfera. Nella tesi triennale avevo analizzato il comportamento dei fan, è un aspetto che mi interessa. Toccare con mano l’esperienza dei fan a contatto con gli artisti è stato fantastico. Al summer camp hanno partecipato: Irama, Matteo Markus Bok, Thomas, Federica Carta.
Ho continuato a studiare ed ho finito la magistrale a marzo, decidendo di scrivere la tesi sul marketing non convenzionale. Devo ringraziare i miei relatori Franco Guzzi e Mario Ruotolo che insegnano il corso di comunicazione d’impresa e relazioni pubbliche. Sono stati davvero illuminanti ed io felice di lavorare con loro.
Per la tesi, che poi è diventato il libro che conosci, sono partita dalle nozioni generali di comunicazione d’impresa, poi ho approfondito i temi dell’industria musicale. Ci sono molti appassionati che non conoscono le dinamiche e le professioni all’interno dell’industria musicale e così ho deciso di pubblicare il libro.
Più che un libro io consiglierei un corso con dei professionisti. Un corso ti permette di fare delle domande dirette che possono aiutarti a capire come funziona davvero l’industria e marketing musicale.
Ricordo ad esempio l’esperienza che ho fatto con Klaus Bonoldi dell’Universal; avere la possibilità di fargli delle domande durante un corso che ho frequentato è stato fondamentale.
Poter parlare con chi davvero si occupa di marketing musicale fa la differenza.
Per quanto riguarda le letture mi viene in mente il libro di Andrea Pontiroli Un concerto da manuale. Soluzioni semplici per organizzare spettacoli che ti dà un’infarinatura generale su quella che è l’industria musicale ed anche il libro di David Byrne Come funziona la musica.
Il libro Marketing non convenzionale e industria musicale l’ho pubblicato da sola, è nato dalla mia tesi di laurea e sono felice che in molti lo stiano trovando utile. I feedback che ricevo sono positivi soprattutto dai ragazzi che devono strutturare una tesi di laurea.
Per la pubblicazione ho utilizzato Amazon’s Kindle Direct Publishing (KDP), che avevo già usato per pubblicare la mia tesi triennale. Alla stessa maniera ho pubblicato anche una ricerca che avevo fatto durante la magistrale su Bla Bla Car e il capitale sociale.
Ho pubblicato con Amazon tutto quello che ho scritto, ci vuole davvero poco, forse venti minuti.
Quando hai copertina e “manoscritto” è fatta.
Se decidi di pubblicare un libro come il mio non lo fai per guadagnare, lo fai per avere visibilità, così se c’è qualcuno che si interessa a me può andare a vedere cosa ho fatto. Non pensavo potesse avere questo riscontro ma effettivamente, quando cercavo dei libri sul marketing musicale per la mia tesi, ho fatto fatica a trovarli.
Ci sono dei libri sull’industria musicale: penso ad esempio ai libri di Gianni Sibilla che è il direttore del Master in Comunicazione Musicale qui a Milano, ma ti servono per avere una base teorica. Se vuoi indagare dei casi di studio devi andarli a cercare online uno per uno. Mi ricordo che sono impazzita a cercare fra tutti i tipi e sottotipi di marketing.
Nel libro Marketing non convenzionale e industria musicale ho raccolto sessanta casi di studio che si occupano di marketing musicale e poi c’è tutta la bibliografia e sitografia.
Se dovessi fare la tesi oggi mi farebbe piacere avere la mia pubblicazione come punto di partenza.
Quest’estate ho lavorato ai Summer Camp organizzati da Team World. Ho cercato e finalmente trovato una nuova casa qui a Milano. Adesso mi sono iscritta al corso di Tour Manager & Produzione Musicale che organizzano in Santeria. Mi sto muovendo per restare a Milano e occuparmi di industria musicale.
Il caso più eclatante di questo periodo in Italia è Liberato.
La strategia di non avere volto, nell’era in cui se non posti una foto su Instagram è quasi un reato, è stata vincente. È riuscito a crearsi una grande comunità di fan nonostante faccia un genere musicale di nicchia, dove mischia il napoletano, il neomelodico e la trap. È riuscito a creare un personaggio misterioso. Secondo me funziona alla grande.
C’è da chiedersi, quando finirà il mistero cosa succederà? Staremo a vedere.
Il problema della SIAE è lo stesso problema che c’è nella burocrazia legata agli eventi.
È un sistema basato su regole che non sono più adatte al mondo che viviamo oggi. Il suo meccanismo va ripensato.
Sono a favore di Soundreef per il semplice fatto che alleggerisce e rende tutto più agevole per un musicista.
Dipende a chi ti vuoi rivolgere. Il mio preferito attualmente è Instagram, soprattutto se vuoi parlare ai più giovani.
Mi assicurerei la presenza su Spotify.
È il primo posto dove ti vanno a cercare e per gli utenti è facile da usare.
Anche YouTube, ma dipende da cosa posti. Un canale di YouTube diventa interessante se, oltre l’audio della tue canzoni, carichi anche altri tipi di contenuto.
Il sito lo uso perché mi piace scrivere, è il mio “sfogatoio”! Lo uso in maniera non professionale, è totalmente a parte rispetto a tutto il resto.
Sui social invece cerco di rimanere più concentrata sulla musica e di comunicare che sono interessata principalmente all’ambito musicale. Ultimamente provo a postare con regolarità sui social ed è impegnativo, ma credo che faccia curriculum. Se ti occupi di comunicazione è bene conoscere i mezzi che ci sono oggi, capire il meccanismo, come interagire.
La spontaneità premia molto. Se sei un artista, avere un profilo che curi quotidianamente frutta molto di più rispetto alla foto patinata di copertina. La gente vuole conoscerti.
Se dovessi riassumere tutto quello che c’è nel libro è che i fan vogliono starti vicino.
Qualsiasi barriera togli sono felici. Se metti solo foto impostate, fatte dal fotografo e ritoccate con photoshop poni una distanza. Invece è importante essere se stessi, spontanei.
Il mio caso di studio preferito è quello di Taylor Swift, che ogni volta che lancia un album organizza delle feste a casa sua con i fan più attivi, prepara i biscotti, fa sentire l’anteprima dell’album e crea situazioni familiari.
I fan vogliono questo, vogliono vedere che porti loro i biscotti.
Ti riporto l’esempio dei The Flaming Lips, un caso di studio che puoi leggere anche nel libro.
I The Flaming Lips hanno avuto il merito di essere stati tra i primi ad adottare formule innovative per rendere i concerti interattivi, gli spettatori non erano più un pubblico passivo ma una parte attiva ed integrante della performance.
Un progetto in particolare, denominato “The Boom-Box Experiments”, consisteva infatti in un vero e proprio invito rivolto ai fan, chiamati a prendere parte alle loro performance durante la loro tournée. Chitarre ed amplificatori venivano sostituiti da numerose file di sedie, per ognuna delle quali venivano predisposti uno stereo e dei sacchetti contenenti delle musicassette. Il leader Wayne Coyne ed il polistrumentista Steven Drozd istruivano i quaranta volontari su come utilizzare contemporaneamente tali strumenti in modo da amplificare il coro dei diversi suoni pre-registrati provenienti dalle casse ed aumentare o diminuire il volume, “orchestrati” dai movimenti delle loro braccia e mixati dal bassista Michael Ivins, coerentemente con la fase di ogni canzone dell’album “Zaireeka”. I fan erano inoltre invitati a manipolare le varie fonti del suono in maniera libera ed introdurne di nuovi a piacere, creando una sorta di happening, un evento unico e sempre diverso ad ogni tappa del tour, così che molti fan presero a registrare e condividere online la versione del concerto a cui avevano assistito e partecipato, attirando l’attenzione sull’esperimento anche tra i non-fan della band.
Tratto da: Mariachiara Montebello, Marketing non convenzionale e industria musicale: il passaparola nell’era dei social.
Creare intimità, esperienze personalizzate, rapporti quasi confidenziali.
Ormai con le Instagram Stories siamo abituati ad entrare in intimità con le persone. Anche gli artisti dovrebbero darsi il più possibile e creare esperienze di contatto che facciano venire voglia ai fan di esserci e di partecipare.
Sono una fan dei talent. Li ho sempre seguiti anche da ragazzina, con Amici ci sono cresciuta.
Certo, ogni anno è difficile far emergere il grande talento.
Da un punto di vista di marketing i talent show funzionano perché ti affezioni a chi partecipa.
Anche io, che conosco i meccanismi della comunicazione, alla fine del programma mi interesso anche a quei cantanti che fanno un genere musicale che non mi piace. Magari non andrò ai loro concerti live, ma un po’ di ascolti su Spotify vado a farli.
Ora i talent funzionano, non so se potranno funzionare anche in futuro. Ti faccio un esempio. Ho notato che Amici adesso ha inserito, all’interno delle puntate parti di varietà: spazi in cui arrivano gli ospiti, fanno imitazioni, spazi che non c’entrano nulla né con la gara, né con il canto, né con il ballo, né con la musica. Se devono arrivare ad invitare personaggi famosi come ad esempio Maradona per aumentare gli ascolti allora qualcosa nella trasmissione non funziona più.
Trovando la chiave giusta, gli artisti giusti, il talent è una grande palestra. A livello di marketing è qualcosa che funziona, a livello di talenti a distanza di due/tre anni te ne ricordi uno o due per ogni edizione. Ma quello è determinato dalla natura della trasmissione.
Io seguo anche XFactor in inglese e la maggior parte dei partecipanti li perdi per strada e non sai che fine facciano. Però chi riesce ad andare avanti va avanti molto bene. Molti partecipanti si “riciclano” anche come autori. I talent rappresentano un modo per farsi conoscere, io sono favorevole ai talent anche perché altrimenti come fai ad emergere?
Poi ci sono i puristi che pensano che i talent abbiamo mortificato il talento ma io non sono d’accordo. Sono un’ottima vetrina per lanciare un cantante.
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